mercoledì 26 febbraio 2014

Mitologia...Il Vaso di Pandora



Il Vaso di Pandora

Si racconta nelle antiche leggende che ci sono state tramandate, ora in forma orale, ora in forma scritta da persone così lontane da noi da essersene perso persino il ricordo, di Prometeo, il più saggio tra i Titani, il cui nome significa "colui che è capace di prevedere".

Piero di Cosimo, Prometeo (1515), olio su tavola, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera (Germania)




  






Nascita del primo uomo: il mito
Prometeo era figlio del Titano Giapeto e dell'oceanina Climene(1) e viveva con il fratello Epimeteo il cui nome vuol dire "colui che comprende in ritardo". Entrambi facevano pertanto parte della famiglia dei Titani che avevano osato sfidare Zeus quando aveva combattuto contro Crono, suo padre, per impossessarsi del trono. Prometeo però, a differenza dei fratelli, si era schierato con Zeus e aveva partecipato alla lotta solo quando oramai volgeva al termine. Come premio aveva ricevuto di poter accedere liberamente all’Olimpo anche se, nel profondo del suo cuore, i sentimenti che Prometeo provava nei confronti di Zeus non erano amichevoli a causa della sorte che questi aveva destinato ai suoi fratelli .

Zeus, per la stima che riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo che modellò dal fango e che animò con il fuoco divino.

A quell'epoca, gli uomini erano ammessi alla presenza degli dei, con i quali trascorrevano momenti conviviali di grande allegria e serenità. Durante una di queste riunioni tenuta a Mekone, fu portato un enorme bue, del quale metà doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il signore degli dei affidò l'incarico della spartizione a Prometeo che approfittò dell'occasione per vendicarsi del re degli dei.



Nascita del primo uomo: Prometeo crea l'uomo assistito dagli altri dei

Sarcofago romano III sec. d.C.        
Nascita del primo uonmo: >Prometeo che modella l'uomo

III sec. a.C.



Prometeo ruba il fuoco dipinto di Füger
Heinrich Friedrich Füger, Prometeo ruba il fuoco (1817), olio su tela, Liechtenstein Museum, Vienna (Austria)            

Divise infatti il grosso bue in due parti ma in una celò la tenera carne sotto uno spesso strato di pelle e nell'altra, macinò insieme le ossa e il grasso che ricoprì con un sottile strato di pelle tanto da far sembrare quest'ultima il boccone più succulento. Zeus, poichè gli toccava la prima scelta, optò per la parte all'apparenza più ricca. Subito dopo accortosi dell'inganno, più che mai irato, privò gli uomini del fuoco, riportandolo nell'Olimpo. Prometeo, considerata ingiusta la punizione, rapì qualche scintilla dall'Olimpo nascondendola in un giunco e riportò così il fuoco agli uomini.







Prometeo incatenato - Statua di Adam
Nicolas Sébastien Adam (1705 -1778), Prometeo incatenato, marmo bianco, Museo del Louvre, Parigi (Francia)            

Zeus, accortosi dell'inganno che Prometeo gli aveva perpetrato, decise una punizione ben più grande di quella che aveva destinato ai suoi fratelli: ordinò a Ermes e a Efesto d'inchiodare Prometeo a una rupe nel Caucaso(3), dove un'aquila durante il giorno gli avrebbe roso il fegato con il suo becco aguzzo mentre durante la notte si sarebbe rigenerato.








Ecco come l'allegra Luciano racconta il meritato (a suo giudizio) supplizio di Prometeo (Dialoghi):

E poi mi stanno a dire che Prometeo
Non meritava d'esser inchiodato
A quelle rupi? Egli ci diede il fuoco,
Ma niente altro di buono. Fece un male,
Per qual, cred'io, tutti gli Dei l'abborrono:
Le femmine formò! Numi beati,
Che brutta razza! Ora, ammogliati; ammoglia.
Tutti i vizi con lei t'entrano in casa.

LA NASCITA DELLA PRIMA DONNA


Zeus, non contento della punizione che aveva inflitto a Prometeo, decise di punire anche la stirpe umana.

Dato che nel mondo non esisteva ancora la donna Zeus diede incarico a Efesto di modellare un’immagine umana servendosi di acqua e di argilla che non avesse nulla da invidiare alla bellezze delle dee, per l'infelicità del genere umano. Efesto fu tanto bravo nel modellarla che la donna che ne ebbe origine era superiore a ogni elogio e a ogni possibile immaginazione. Tutti gli dei furono incaricati da Zeus di riporre in lei dei doni: Atena le donò delle vesti morbide e leggere a significare il candore, fiori per adornare il corpo e una corona d’oro mentre Ermes pose nel suo cuore pensieri malvagi e sulle curve sinuose delle sue labbra, frasi tanto seducenti quanto ingannevoli.

Narra Esiodo (Le opere e i giorni)

"L’adornò del cinto
E delle vesti, le donar le Grazie
E Pito veneranda aurei monili,
E de’ più vaghi fior di primavera
L'Ore chiamate, le intrecciar corone.
Ma l’uccisor d’Argo, Mercurio, a lei,
Ché tal di Giove era il voler, l’ingegno
Scaltri d’astuzie e blande parolette
E fallaci costumi …"

A questa creatura fu dato nome Pandora (dal greco "pan doron" = "tutto dono") perché ogni divinità dell'Olimpo le aveva fatto un regalo.


Mancava solo il regalo di Zeus che fu superiore a tutti gli altri doni. Egli infatti, donò alla fanciulla un vaso (il vaso di Pandora), con il divieto di aprirlo, contenente tutti i mali che l’umanità ancora non conosceva: la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, il vizio, la passione, il sospetto, la fame e così via.

Quindi Zeus affidò la fanciulla a Ermes perché la portasse in dono a Prometeo che però, pensando a un inganno, rifiutò il dono. Allora Zeus ordinò a Ermes di portarla a Epimeteo, fratello di Prometeo, che appena la vide si innamorò di lei e l’accetto come sua sposa nonostante i moniti del fratello che gli aveva raccomandato di non accettare alcun dono dagli dei.
          
 Nascita della prima donna

Pandora,
scultura antica         
Pandora, Gibson,
National Museums di Liverpool

Racconta Esiodo (Le opere e i giorni)

"Aveva Prometeo a lui
Fatto divieto d’accettar mai dono
Venutogli da Giove, ché funesto
Esser questo potea; ma, del fratello
Obliando Epimeteo i saggi avvisi.
Accettollo, e del male, allor che il dono
Era già suo, di subito s’accorse."





Dopo poco che Pandora era sulla terra, presa dalla curiosità aprì il vaso. Da esso veloci corsero come fulmini sulla terra tutti i castighi che Zeus vi aveva riposto: la malattia, la morte, il dolore, e tanti altri, fino ad allora sconosciuti. L’unico dono buono che Zeus aveva posto nel vaso rimase incastrato sotto il coperchio che subito Pandora aveva chiuso: era l’Elpis, la speranza.

La leggenda narra che dopo trent'anni Prometeo fu liberato dal supplizio da Eracle (Ercole) che recatosi fino alla cima del Caucaso con una freccia uccise l'aquila liberando così Prometeo al quale Zeus concesse di ritornare nell'Olimpo.

Racconta Esiodo (Le opere e i giorni)

"Di propria mano scoperchiato il vaso,
Che i mali in sé chiudea, questi si sparsero
Tra i mortali, e sol dentro vi rimase
All’estremo dell’orlo la Speranza,
Perché la donna, subito, il coperchio
Riposto, il volo a lei contese. Tale
Era il cenno di Giove. A stuolo a stuolo
Vagano intanto i mali, e n’è ripiena
La terra e il mare, e n’è ripiena
La terra e il mare; assalgono le genti
Il di e la notte insidiosi e taciti,
perché la voce accortamente il Nume
Loro preclude."

Sul fondo del vaso rimase solo la speranza che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali. Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale, simile ad un deserto, finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire, ed il mondo riprese a vivere.




« così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono.
E subito l'inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l'incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l'araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l'avevano portata in dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo inganno, senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l'inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, prima di riconoscerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all'uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell'orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell'orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell'egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini. »
(Esiodo, Le opere e i giorni)

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